Tra le tante serie televisive che sbarcano ogni giorno sulle piattaforme streaming, ne è arrivata una che sta facendo parlare di sé. Ma non quel chiacchiericcio entusiastico alla Strenger Things e nemmeno quello fomentato alla Squid Game.
Adolescence è una miniserie, arrivata senza fare rumore, ma la sua onda d’urto sta attraversando tutto il mondo, lasciandolo a bocca aperta. Una “dichiarazione di guerra” alla serialità da due soldi, ma non con i fuochi d’artificio, bensì con un tono tanto pacato quanto sconcertante. La produzione di Adolescence si distingue per la sua rappresentazione sobria e autentica di un periodo della vita complesso, l’adolescenza.
Adolescence: una narrazione dentro gli schemi
La narrazione si apre con un colpo allo stomaco. La mente dello spettatore sarà portata a rifiutare quella verità fino alla fine dell’ultimo episodio. Tutto si snoda attraverso le esperienze quotidiane di un gruppo di giovani alle prese con le sfide tipiche dell’adolescenza: la definizione della propria identità, le dinamiche amicali in evoluzione, le prime esperienze sentimentali e il rapporto, spesso conflittuale, con la figura genitoriale. La serie si astiene da sensazionalismi e predilige un approccio narrativo pacato, che accompagna lo spettatore nel mondo interiore dei protagonisti, evidenziando le loro crepe. Naturalmente, abbiamo un protagonista e sarà proprio la figura di Jamie (Owen Cooper) ad accendere il conflitto interiore che coinvolge i personaggi inclusi nella storia e lo spettatore che la segue dal di fuori, accusato di un glaciale omicidio a soli 13 anni.
Adolescence: la tecnica c’è e si vede
Dal punto di vista tecnico, la regia adotta uno stile misurato, con un frequente ricorso a riprese a mano che conferiscono un senso di immediatezza e aderenza alla realtà narrata. Un continuo piano sequenza che ci trasporta da un punto di vista all’altro, facendoci calpestare la scena. Anche la fotografia contribuisce a rendere la narrazione realistica, quasi fosse un documentario, adottando una palette cromatica naturale, rifuggendo da eccessivi artifici visivi, perfettamente in linea con l’intento di restituire un’immagine verosimile del contesto. Scelte stilistiche mirate a restituire un prodotto che oscilla tra la fantasia e la realtà.
Adolescence e la banalità del male
Le tematiche affrontate da “Adolescence” sono molteplici e hanno una rilevanza universale. La serie esplora la ricerca della propria identità e l’accettazione del sé in un periodo di profonde trasformazioni fisiche e psicologiche. Vengono messe in luce le dinamiche che nascono nei gruppi di pari, evidenziando l’importanza dell’amicizia come elemento di supporto e, al contempo, i meccanismi sottili di esclusione e conflitto, messi in luce anche dai social network che svolgono un ruolo centrale nella formazione degli adolescenti. In particolare, le prime esperienze amorose sono rappresentate nella loro complessità: uno status da raggiungere, che legittima o delegittima l’essere all’interno del “branco”. Infine, un tema centrale è rappresentato dal rapporto tra gli adolescenti e il mondo adulto, spesso percepito come distante e poco incline alla comprensione delle esigenze reciproche. Un mondo, quello adolescenziale, che appare chiuso e criptico anche agli occhi di adulti attenti.
Adolescence: poco ma molto buono
Sebbene “Adolescence” non rientri tra le produzioni più clamorose del panorama attuale e sebbene abbia solo quattro episodi, offre uno spaccato della vita adolescenziale di notevole autenticità, capace di suscitare riflessioni su tematiche più che attuali. Ma se pensate che questa serie dia delle risposte in merito ad atteggiamenti condannabili e assolutamente fuori da ogni logica, vi sbagliate. Non ci sono risposte, ma solo altre domande che mettono in luce quanto sia delicato crescere in un mondo come il nostro.
Autore articolo

Sara Giovannoni
Redattrice
Copywriter pubblicitario, cinefila, nerd.
Cerco di vivere la vita sempre con la curiosità e lo stupore di un bambino.
Amo scrivere delle cose che mi appassionano,
ecco perché spero di pubblicare, prima o poi, il mio libro sul Giappone.
Intanto keizoku wa chikara nari.
Se volete, andate a cercare il significato!