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Inflazione: fiammata temporanea o fenomeno duraturo?

Come l’inflazione sta colpendo la maggior parte delle economie più sviluppate

Dollari e mascherina chirurgica

Derivante dal latino inflatio (“enfiamento, gonfiatura”)/inflare (“gonfiare”), il termine “inflazione” con il significato economico di “aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi, o anche diminuzione prolungata del potere d’acquisto (cioè del valore) della moneta[1] sarebbe comparso per la prima volta nel 1838, negli Stati Uniti, e da qui si sarebbe affermato nell’uso, soprattutto a seguito della guerra di secessione americana (1861-1865).

Proprio negli Stati Uniti, lo scorso mese di dicembre, il tasso di inflazione ha fissato un nuovo record (l’ultimo risaliva al 1982), registrando un +7% su base annua. Nel mentre, in Europa, si registrava un aumento annuale del 5%. E in Italia?

Secondo le stime preliminari dell’Istituto Nazionale di Statistica (l’Istat), nel mese di gennaio 2022, anche il nostro Paese ha superato i massimi storici, quelli del 1996, toccando quota tasso di inflazione +4,8% su base annua.

Ma si tratta di una fiammata temporanea o di un fenomeno duraturo? “Questo è il dilemma”.

Cosa pesa di più sull’inflazione?

Come si legge nel comunicato stampa pubblicato dall’Istat il 2 febbraio 2022, la “ulteriore e marcata accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici”. Ne sono i principali responsabili i cosiddetti “beni energetici regolamentati”, ovvero l’energia elettrica e il gas per usi domestici e da riscaldamento, la cui crescita è infatti passata dal +41,9% al +93,5%. A seguire i “beni energetici non regolamentati”, ovvero i carburanti per gli autoveicoli e il gas in bombole. Ma non rincarano solo le bollette…

Benzinaio

Sebbene in misura minore, pesano sull’inflazione anche i prezzi dei Beni alimentari (il pane, la carne, il pesce, i formaggi), sia lavorati (come i succhi di frutta, gli insaccati, i prodotti surgelati ad esempio) che non (come la carne fresca, il pesce fresco, la frutta e la verdura fresche).

Accelerano anche i prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (crescendo da un +2,3% a un +3,5%), mentre rallentano, invece, quelli dei Servizi relativi ai trasporti (passando da un +3,6% a un +1,4%), la cui causa, però, sarebbe da rintracciare per lo più in fattori stagionali.

Il mercato del lavoro e la spirale salari-prezzi

Così, l’inflazione sta continuando a “[crescere e ad avvolgere] la maggior parte delle economie più sviluppate, […] dall’Europa agli Stati Uniti fino all’Asia”[2]. Accanto ai prezzi di beni e servizi, entra in gioco anche il mercato del lavoro, che, secondo gli economisti Tito Boeri e Roberto Perrotta, dovrà primariamente impegnarsi nel risolvere il suddetto dilemma: fiammata temporanea vs. fenomeno duraturo[3]. Il pericolo da scongiurare è quello della cosiddetta “spirale salari-prezzi”, quel “processo dinamico che porta l’inflazione ad autoalimentarsi”[4].

Se in tempi di crisi la priorità collettiva diventa quella di ottenere salari migliori, in tempi di pandemia il lavoro acquisisce nuovo senso e valore, non soltanto in termini di retribuzione, ma anche in quelli relativi ai ritmi di produttività[5].

Anche in questo caso, ovviamente, gli Stati Uniti hanno fatto da precursori. Interrogato sulle preoccupazioni di tante aziende americane, allarmate per il fenomeno in diffusione delle dimissioni volontarie (lo chiamano “Great Resignation” o “Big Quit”), aggravante una carenza di manodopera (sia qualificata che non) già importante, il Presidente degli USA Joe Biden ha risposto: “Pay them more”. Pagate di più i lavoratori. Succedeva in America lo scorso giugno.

L’appello del Presidente è stato accolto. Per sopperire alla mancanza di manodopera, molte aziende hanno aumentato la retribuzione dei propri dipendenti, anche quelli meno qualificati. E il Regno Unito ha deciso di imitare gli Stati Uniti. Quella dei salari non dovrebbe essere, però, una rincorsa ai prezzi, ma piuttosto una risposta naturale all’incremento della produttività.

Il salario minimo come tutela per il lavoratore

In Francia e in Germania si è invece deciso di aumentare il cosiddetto “salario minimo” (nel caso della seconda, di ben il 25%: attualmente la cifra equivale a 12 euro l’ora). Con l’espressione “salario minimo” si intende “l’ammontare di retribuzione minima che per legge un lavoratore riceve per il lavoro prestato in un determinato arco di tempo, e che non può essere in alcun modo ridotto da accordi collettivi o da contratti privati”[6].

Secondo il Rapporto mondiale sui salari 2020-2021 dell’OIL (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite), in ⅔ dei Paesi per i quali vi era disponibilità di dati i salari sono diminuiti o cresciuti più lentamente nei primi 6 mesi di pandemia. In ⅓ sono sembrati aumentare. Ma, in realtà, già da prima della COVID-19, il 15% di tutti i lavoratori dipendenti del mondo (un qualcosa come 266 milioni di persone) guadagnava meno del salario minimo orario, per motivi di non conformità o perché legalmente esclusi da questi sistemi[7].

Statistiche salario minimo Eurostat
Fonte: Eurostat.

Il salario minimo esiste in 21 su 27 Stati membri dell’OIL (il 90%). Il più basso è quello della Bulgaria (si tratta di 332 euro mensili), mentre il più alto è quello del Lussemburgo, dove la quota di retribuzione mensile ammonta a 2257 euro. Fanno eccezione l’Austria, Cipro, la Danimarca, la Finlandia, la Svezia e… L’Italia.

Tuttavia, secondo Perrotti, l’impatto dell’inflazione sul mercato del lavoro italiano è ancora minimo. L’economista reputa, invece, tuttora molto più incidente la diffusione del Coronavirus[8].


[1] Inflazione in “Vocabolario online”, Treccani. Consultabile al seguente indirizzo https://www.treccani.it/vocabolario/inflazione/.

[2] Redazione, “L’inflazione e il rischio della spirale tra prezzi e salari, secondo Roberto Perotti”, Morning Future, 2 febbraio 2022. Consultabile al seguente indirizzo https://www.morningfuture.com/it/2022/02/02/inflazione-prezzi-salari-perotti/?utm_source=newsletter-mf&utm_medium=email&utm_campaign=inflazione&j=3324746&sfmc_sub=95518288&l=5795_HTML&u=49413473&mid=100024860&jb=338.

[3] Cfr. Ibidem.

[4] Spirale in “Dizionario di Economia e Finanza”, Treccani. Consultabile al seguente indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/spirale_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/.

[5] Cfr. Redazione, “L’inflazione e il rischio della spirale tra prezzi e salari, secondo Roberto Perotti”, cit.

[6] Madi Ferrucci, “Salario minimo: cos’è, le proposte, come funziona nel resto d’Europa”, Internazionale, 12 ottobre 2021. Consultabile al seguente indirizzo https://www.internazionale.it/notizie/2021/10/12/italia-salario-minimo-europa.

[7] Redazione, “Rapporto mondiale sui salari dell’OIL: L’impatto del COVID-19 sulla riduzione dei salari”, ILO, 2 dicembre 2020. Consultabile al seguente indirizzo https://www.ilo.org/rome/risorse-informative/comunicati-stampa/WCMS_762862/lang–it/index.htm.

[8]  Cfr. Redazione, “L’inflazione e il rischio della spirale tra prezzi e salari, secondo Roberto Perotti”, cit.

Autore articolo

Federica Fiorletta

Federica Fiorletta

Redattrice

Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.

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