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Inside Out 2

Crescere è un’emozione

emozioni

Ha fatto il suo debutto, ormai da qualche giorno, il sequel di Inside Out e gli incassi al botteghino sono da record. La Pixar sembra essere tornata all’epoca d’oro, quando i suoi film ci facevano sognare, riflettere, divertire, emozionare.
E la storia di Inside Out parla proprio di emozioni, spiegando nel modo più semplice anche quelle più complesse e incomprensibili, a qualsiasi età.

Inside Out 2: anche l’ansia è un’emozione

Abbiamo assistito alla crescita emotiva di Riley, ai cambiamenti che ha dovuto accettare e ai ricordi d’infanzia che ha dovuto abbandonare (momento lacrime). Ma se questa prima fase ci è sembrata già abbastanza complessa, in Inside Out 2 la situazione diventa di gran lunga più complicata, perché si sa, l’adolescenza è un periodo terrificante.
Riley ha appena compiuto 13 anni ed è “una brava persona”, un’ottima giocatrice di hockey sul ghiaccio, un’amica gentile e fedele, una figlia premurosa. Ma le cose iniziano a cambiare quando si avvicina il momento di fare scelte importanti e di accettare situazioni che sfuggono a ogni controllo.

Nove anni dopo, la Pixar mette sul piatto di nuovo tutte le emozioni e, in modo sensibile e intelligente, introduce l’emozione che più di tutte tocca la nostra psiche (e quella di Riley): Ansia. La sua rappresentazione è caratterizzata da un vibrante colore arancione ed è astuta, maniacale, ossessiva. Ad accompagnare la nuova arrivata ci sono Imbarazzo, un ragazzone rosa che nasconde il suo volto con il cappuccio di una felpa, ed Ennui, una snella e viola “noia profonda” che aprirà altre finestre sullo sviluppo caratteriale di Riley, come il perfido sarcasmo.

Ogni ricordo, ogni emozione, bella o brutta che sia, contribuisce a ramificare in Riley delle convinzioni che a loro volta indicano che persona è, anzi, sta diventando. In questo senso, la Pixar (con l’aiuto di psicologi professionisti) è stata brava a portare sullo schermo tematiche insidiose, traducendole con semplicità e divertimento.
L’ultima operazione simile risale, infatti, agli albori della casa di produzione e, precisamente, al racconto dell’amicizia tra Woody e Buzz, in relazione al loro padroncino Andy. Ma non dimentichiamo un altro capolavoro di intelligenza, oltre che di animazione, Coco, che riesce a raccontare con dolcezza la perdita dei propri cari, o ancora Red e il complicato rapporto mamma e figlia.

Inside Out 2: ansia e gioia, mano nella mano

All’ingresso di Ansia nella storia, salta subito all’occhio la sua volontà di integrarsi con tutte le altre emozioni, in particolare, con Gioia.
Nel film, prova una profonda ammirazione e stima nei confronti di Gioia e del suo duro lavoro per rendere Riley la bella persona che è. Ben presto, però, l’incalzante voglia di “mettersi all’opera” di Ansia diventa sempre più pressante, fino a prendere il totale controllo, rilegando tutte le altre emozioni in un luogo disperso della mente.

L’aspetto interessante risiede nelle motivazioni che spingono Ansia a comportarsi così: le sue intenzioni sono le stesse che muovo Gioia. Vuole proteggere Riley e prepararla a ogni scenario possibile, così da non farla soffrire anche se le cose dovessero andare male.
Vuole, in altri termini, renderla felice. Ma il suo modo di fare, ansiogeno e maniacale, si rivela tossico e confondente, scatenando nella bambina un vero e proprio attacco d’ansia durante la competizione di hockey più importante. Al contempo, Gioia realizza che non può sempre proteggere Riley dai momenti di incertezza che la vita le presenterà. Il solo fatto di eliminare quei momenti dalla sua mente è un impedimento nel suo sviluppo completo, perché gli esseri umani non sono semplici o semplificabili.

Inside Out 2 affronta uno dei temi più centrali di questo momento storico, che interessa da vicino le nuove generazioni. L’ansia del futuro, l’ansia di dover rientrare a tutti i costi nei canoni dettati dalla società, l’ansia di dover fare i conti con i continui mutamenti del mondo, con le sue instabilità, l’ansia di dover scegliere da che parte stare, cosa fare.

Il film non ha la pretesa di dettare come funzionano certi meccanismi e, tantomeno, non pretende di porre una soluzione a queste complessità. E non deve farlo. Ma apre nuovi punti di vista, come l’accettazione di ogni sfaccettatura di noi stessi, l’accettazione di non essere sempre gioiosi, l’accettazione dell’ansia.

Questo caleidoscopio di emozioni per alcuni potrebbe suonare banale, un epilogo scontato su una storia che non poteva avere un finale differente. Eppure, c’è qualcosa di assolutamente non banale in Inside Out 2. Qualcosa che riesce a commuovere e far riflettere.
Tutti abbiamo individuato questo ‘qualcosa’ e probabilmente sarà unico per ciascuno di noi.


Autore articolo

Sara Giovannoni

Sara Giovannoni

Redattrice

Copywriter pubblicitario, cinefila, nerd.
 Cerco di vivere la vita sempre con la curiosità e lo stupore di un bambino.
Amo scrivere delle cose che mi appassionano,
ecco perché spero di pubblicare, prima o poi, il mio libro sul Giappone.
 
Intanto keizoku wa chikara nari. 
Se volete, andate a cercare il significato!

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