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L’etica e le scienze sociali nelle decisioni in ambito sanitario

Nell’ultimo anno è mancata una visione d’insieme del fenomeno Coronavirus

Etica - Disuguaglianze sociali

In un recente articolo apparso su The New York Times[1], il giornalista Max Fisher ripercorre ed analizza la questione etica sollevata in Europa dal blocco delle somministrazioni del vaccino Astrazeneca, da ieri conosciuto col nome di Vaxzevria. Può un Governo decidere deliberatamente di interrompere una campagna vaccinale nel pieno di una pandemia a seguito di alcune reazioni avverse, senza che ci sia un chiaro collegamento?

Secondo gli esperti di etica, dinanzi ai politici di tutto il mondo si pone un dilemma conosciuto come problema del carrello (trolley problem). Si tratta di un esperimento mentale concepito da Philippa Foot, a metà del secolo scorso, rientrante nel campo della filosofia etica.

Ammettiamo di trovarci alla conduzione di un carrello ferroviario con due situazioni che ci si parano davanti: se non facessimo nulla il carrello colpirebbe cinque persone, se invece decidessimo di tirare la leva e cambiare il binario, ne colpiremmo solo una. Quale tra le due opzioni è considerabile più etica?

La responsabilità politica nel fare scelte etiche

Poche settimane fa, dicevamo, la Germania e via via a scendere anche altri Paesi europei (Francia, Spagna e Italia) hanno optato per bloccare le somministrazioni del vaccino Vaxzevria dopo pochi episodi avversi. Nello specifico, nel paese teutonico si parlava di sette casi di coaguli di sangue nel cervello, di cui 3 mortali. C’era una chiara correlazione tra i due episodi? Tra vaccino e coaguli? No, non c’era, eppure si è scelto di fermare la campagna in maniera preventiva, in attesa di un parere dell’EMA (European Medicines Agency).

Ci siamo trovati ad affrontare il dilemma del carrello: è più etico bloccare la vaccinazione per pochi casi avversi mettendo in serio pericolo migliaia di persone o proseguire la vaccinazione tenendo in debita considerazione questi episodi ma senza creare blocchi?

Partendo dal presupposto che quello dell’etica medica è un ambito complesso, la politica ha comunque dovuto scegliere.

Se si assume, come la maggior parte dei Paesi ha fatto, che nel pieno della terza ondata l’obiettivo fosse quello di vaccinare quante più persone possibili, allora questo stop non ha giustificazioni. Jeff McMahan, esperto di etica e di studi sui dilemmi della vita e della morte a Oxford, è di questa linea. Le morti extra per Covid19 – dice – dovrebbero essere frutto dell’omissione e non per causa diretta.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: i governi hanno optato per il classico calcolo costi-benefici, un calcolo comprensibile ma accettabile nella situazione attuale? Se lo sono domandati in tanti.

L’etica tra monitoraggio dei rischi e principio di precauzione

La Germania e gli altri Paesi che hanno seguito questa linea d’azione hanno scelto di optare per il principio di precauzione: sospendere qualsiasi scelta politica che potrebbe provocare danni in attesa di conoscere meglio i problemi correlati.

D’altronde, dicono gli studiosi di etica, nemmeno il rischio cieco è corretto nei confronti di cittadini inconsapevoli dei rischi che potrebbero correre. Vale lo stesso scrupolo anche in caso di pandemia? Il quesito resta aperto.

In generale si è propensi a ritenere che in caso di pandemia i rischi e le incertezze siano maggiori bloccando il vaccino piuttosto che proseguendo con la somministrazione. Ciò è dovuto ad un fattore che troppo spesso passa in secondo piano: il vaccino è volontario. Se si escludono i sanitari, come sembrerebbe dalle ultime notizie in circolazione in questi giorni, il vaccino non viene imposto. Ai cittadini viene chiesto di firmare un consenso informato, tramite il quale gli si chiede di assumersi un piccolo rischio in cambio di un grande beneficio.

In medicina è una pratica consolidata: lo si fa con gli interventi chirurgici, con le sperimentazioni dei vaccini e con i trattamenti sperimentali sui tumori.

La scelta più opportuna ed etica è sicuramente quella di fornire tutte le informazioni e lasciare la libertà di scelta al singolo.

Primo, non fare del male

Alcuni Paesi europei hanno, quindi, scelto la linea della precauzione: non causare danni anche se così facendo ne permetti molti altri.

Il pensiero alla base della decisione dell’Europa riflette anche qualcosa di universale: il giuramento di Ippocrate: Primo, non fare del male[2].

Ma gli studiosi anche su questo punto si pongono delle giuste domande. Al di là del fatto che il giuramento è un codice di condotta professionale, ma se un po’ di male comportasse un grande beneficio?

Speculazioni a parte, resta sempre il problema della fiducia dei cittadini. I governi tendono, alla ricerca del consenso, a esitare di fronte a situazioni complesse come questa pandemia. Esitazioni che rischiano di incrinare la già fragile fiducia. Da qui il monito delle istituzioni europee a fornire a tutti maggiori informazioni e a rendere chiari i rischi correlati alle vaccinazioni.

Le pandemie sono fenomeni sociali

Hetan Shah, amministratore delegato della British Academy, già nel gennaio scorso, in modo quasi profetico, scriveva sulla rivista Nature[3]della necessità che i politici prendessero le proprie decisioni non solo ascoltando gli scienziati. Affrontare le sfide in campo medico – scriveva – richiede anche un approccio più umanistico, auspicando un sostegno e maggiore ascolto nei confronti degli scienziati sociali.

Le pandemie sono fenomeni sociali.

Così scriveva un anno fa Shah riferendosi ai cambiamenti ed alle misure che i governi stanno assumendo e dovranno assumere in futuro in merito a temi di interesse pubblico. Alcuni esempi? Lotta alla disinformazione, cambiamenti climatici, quadri etici per l’intelligenza artificiale. Ma per farlo non sono sufficienti gli esperti delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Per affrontare le sfide della contemporaneità, afferma il professor Shah, c’è bisogno anche degli esperti delle discipline SHAPE (social sciences, humanities and the arts for people and the economy).

Ad esempio,

Antropologi come Melissa Leach presso l’Institute of Development Studies di Brighton, Regno Unito, hanno svolto un ruolo importante nel frenare l’epidemia di Ebola dell’Africa occidentale con proposte per sostituire i rituali di sepoltura rischiosi con altri più sicuri, piuttosto che cercare di eliminare del tutto tali rituali[4].

Guardare i dati senza prendere in considerazione i fattori sociali può determinare il successo o meno di una misura governativa. Il Coronavirus ne è una prova.

Interpretare i dati ed immaginare scenari futuri con le scienze sociali

In un nuovo articolo il professor Shah, a distanza di un anno, ha voluto fare il punto della situazione ed ha confermato quanto pronosticato poco più di 14 mesi prima. Le scienze ci hanno fornito i vaccini, i governi si sono affidati giustamente agli esperti ma hanno tralasciato di consultare gli umanisti.

Basti pensare che all’interno della cosiddetta task force istituita dal Premier Boris Johnson in Gran Bretagna, la maggior parte era composta da scienziati, pochi sociali ed un solo umanista.

Conferme sulla necessità dei governanti di circondarsi di un team multidisciplinare ci giungono dai fatti nudi e crudi. L’uso della mascherina è stato molto osteggiato ed i politici hanno temporeggiato, in attesa di studi di controllo randomizzati, prima di agire. Bastava semplicemente chiedere agli storici che nei loro studi affrontano anche l’analisi delle pandemie. Per fortuna in molti se ne stanno rendendo conto:

I think tank – gruppo di esperti impegnato nell’analisi e nella soluzione di problemi complessi, specie in campo economico, politico o militare – e le organizzazioni della società civile dal Bangladesh al Kenya stanno mettendo insieme approfondimenti sui dati sociali. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha nominato la sociologa Alondra Nelson vicedirettore per la scienza e la società presso l’ufficio della scienza e della tecnologia della Casa Bianca[5].

Le scienze sociali possono aiutarci

A suffragare questa teoria giungono i risultati di una indagine condotta proprio in Gran Bretagna nell’ultimo anno, in cui sono stati mappati più di 550 progetti di ricerca, workshop e contributi scritti da studiosi sociali.

La revisione è stata suddivisa in tre aree di intervento:

  • Conoscenza, abilità ed occupazione
  • Comunità, cultura e responsabilità
  • Salute e benessere.

Per ciascuna area sono stati analizzati la governance, la fiducia, la coesione, le disuguaglianze e la sostenibilità. Le criticità che sono venute fuori riguardano il divario digitale, che deve necessariamente essere azzerato, data l’importanza delle infrastrutture digitali in quanto servizio pubblico.

La pandemia ha acuito le disuguaglianze socioeconomiche rendendo più fragile la stessa economia nazionale. Nell’ultimo anno ci si è resi conto anche dell’importanza degli spazi pubblici e della loro scarsità, specialmente nei quartieri in cui vivono comunità a basso reddito.

Nei momenti di crisi sono stati i luoghi di culto, le associazioni, la comunità, a soddisfare i bisogni primari delle persone in difficoltà.

I governi, dice Shah, si concentrano sulle infrastrutture fisiche ma non su quelle sociali e le pandemie espongono le ferite, le linee di frattura della società. Spendere milioni di euro in sanità per non investire nulla in politiche sociali mina la fiducia dei cittadini e crea pericolosi precedenti in caso di epidemie future.

Per questo motivo, e per tanti altri ancora, c’è bisogno di una maggiore collaborazione tra scienze e società per guardare con più fiducia ad un futuro meno oscuro.

Immagine di copertina: Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay 


[1] Max Fisher, “Europe’s Vaccine Ethics Call: Do No Harm and Let More Die?”, The New York Times, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nytimes.com/2021/03/19/world/europe/europe-vaccine-astrazeneca-interpreter.html?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=de906afe97-briefing-dy-20210323&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-de906afe97-46136706+

[2] Ibidem.

[3] Hetan Shah, “Global problems need social science”, Nature, 2020. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-020-00064-x

[4] Ibidem.

[5] Hetan Shah, “COVID-19 recovery: science isn’t enough to save us”, Nature, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-021-00731-7?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=6f2d90b487-briefing-dy-20210324&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-6f2d90b487-46136706

Autore articolo

Martina Shalipour Jafari

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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