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Creme solari letali per gli anemoni: la scoperta che non ci si aspettava

Da un esperimento prodotto in laboratorio alcuni ricercatori hanno individuato il processo chimico alla base della morte di questi animali

creme solari tossiche

Le temperature roventi di queste ultime settimane, per non parlare dell’anticiclone Scipione l’Africano che ha attraversato l’Italia lo scorso weekend, hanno spinto milioni di italiani a riversarsi sulle spiagge in cerca di fresco e, perché no, della prima tintarella. Anche alcuni di noi, nella redazione di Future Brain, non hanno resistito a questa tentazione ma sempre con un occhio di riguardo alla protezione della nostra pelle. Eppure, dicono i ricercatori, le creme solari che tanto ci proteggono dai pericolosi raggi UVA e UVB stanno uccidendo la fauna marina. A rivelarcelo sono gli anemoni di mare. Come? Vediamolo assieme.

Creme solari: cosa c’è sotto?

In un recente articolo apparso sulla rivista scientifica Science[1] i ricercatori si sono concentrati su un aspetto poco studiato dalla scienza: gli effetti potenzialmente tossici dei componenti dei filtri solari che utilizziamo d’estate al mare. Tutto ciò è stato permesso grazie allo studio del comportamento degli anemoni di mare a contatto con l’ossibenzone, un ingrediente comune nelle creme solari che permette l’assorbimento dei raggi UV.

Analizzando il comportamento di questi animali che vivono sui fondali marini si è riusciti a capire che non è tanto l’ingrediente in sé ad ucciderli, quanto una mortale reazione chimica tra l’ossibenzone e i raggi UV.

“I ricercatori hanno scoperto che gli anemoni di mare, che sono simili ai coralli, rendono la molecola ossibenzone solubile in acqua attaccandovi sopra uno zucchero. Questo trasforma inavvertitamente l’ossibenzone in una molecola che, invece di bloccare la luce UV, viene attivata dalla luce solare per produrre radicali liberi che possono sbiancare e uccidere i coralli”[2].

Creme solari: proteggono noi ma non gli oceani

Per arrivare a comprendere questo meccanismo gli scienziati hanno riprodotto in laboratorio il processo al quale gli anemoni di mare sono soggetti in mare aperto. Questi ultimi, con e senza alghe simbionti, sono stati esposti all’ossibenzone e a fasci di luce che comprendessero anche lo spettro UV.

Gli esemplari di anemoni esposti ad entrambi gli elementi sono morti entro 17 giorni mentre quelli che sono stati esposti solo ad uno dei fattori – o l’ossibenzone o i raggi UV – sono sopravvissuti. Era evidente che la loro combinazione rappresentasse un meccanismo mortale per questi animali. In più, gli anemoni che avevano un rapporto simbiontico con le alghe riuscivano a sopravvivere in media più a lungo rispetto a quelli senza, dimostrando una funzione protettiva delle alghe nei confronti dell’ospite.

Sì, ma quindi?

Ovviamente gli anemoni e più in generale le barriere coralline sono soggette a sbiancamento per fattori ben più grandi e rilevanti degli ingredienti che compongono le creme solari. L’aumento delle temperature, sia a livello atmosferico che marino, e dell’acidità degli oceani stanno compromettendo irrimediabilmente i nostri fondali marini.

Può questo esperimento e questa nuova conoscenza aiutare in qualche modo la flora e la fauna marina? Gli esperti sono scettici su questo punto. Senza un cambio di rotta globale nella gestione delle risorse ambientali e del contenimento dei livelli di inquinamento difficilmente saremo in grado di salvaguardare questi animali. Tuttavia, ciò non deve fungere da ostacolo alla ricerca e alla nostra comprensione dei processi chimici marini. Se cambiare le formulazioni delle creme solari può aiutare gli ecosistemi marini, di certo abbiamo l’obbligo morale di farlo.


[1] D. Vuckovic, A. Tinoco, et al. “Conversion of oxybenzone sunscreen to phototoxic glucoside conjugates by sea anemones and corals”, Science, 2022. DOI: 10.1126/science.abn2600 Consultabile al seguente indirizzo: https://www.science.org/doi/10.1126/science.abn2600

[2] Jyoti Madhusoodanan, “A common sunscreen ingredient turns toxic in the sea — anemones suggest why”, Nature, 2022. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nature.com/articles/d41586-022-01271-4?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=58af189f3e-briefing-dy-20220509&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-58af189f3e-46136706

Autore articolo

Martina Shalipour Jafari

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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