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Sapete perché i vostri cuccioli sono così socievoli?

Stando ad una recente ricerca, non sarebbe tanto una questione di educazione, ma soprattutto di genetica

Copertina cuccioli

L’avreste mai detto che per risolvere un mistero scientifico sarebbe “bastata” una “carica” di 400 cani (cuccioli, per la precisione)? Molto improbabile, a pensarsi, ma questa volta è successo con una ricerca per dimostrare che la capacità dei cani di comprendere il linguaggio del corpo umano è impressa nel loro DNA.

Lo studio è stato guidato dal direttore dell’Arizona Canine Cognition Center della University of Arizona, Evan Maclean, in collaborazione con la Canine Companions for Independence, un’organizzazione non profit che alleva cani per le persone con disturbo da stress post-traumatico e disabilità fisiche.

Cuccioli geneticamente più socievoli

Sono più di due decenni, ormai, che gli scienziati sanno che i cani sono in grado di comprendere la logica dietro un gesto apparentemente molto semplice, ma in verità molto complesso: se indichiamo qualcosa all’animale, è perché vogliamo che lo guardi. Un’intuizione, quest’ultima, che sfugge persino ai nostri parenti più prossimi, gli scimpanzé, e che permette ai cani di costruire un legame unico con gli esseri umani.

Il perché, dunque, l’amico più fedele dell’uomo sia, tra tutti gli animali, proprio il cane potrebbe essere una questione di genetica e non, come si suol credere, di apprendimento con l’esperienza, di educazione.

È stato proprio partendo da questa supposizione e scartando l’ipotesi più accreditata, allora, che i ricercatori hanno scelto di condurre il loro studio utilizzando dei cuccioli. Per l’esattezza: 375 cuccioli di labrador e golden retriever di 8 settimane, abbastanza grandi da poter prendere parte agli esperimenti, ma anche abbastanza piccoli da poter aver interagito al minimo con gli umani.

Immagine cuccioli

Cuccioli sotto esperimento

Teneri, ma anche difficili da gestire: non pensate che lavorare con questi cuccioli sia stato molto facile! Immaginateli mordere ogni cosa e fare pipì, sì, anche sull’attrezzatura scientifica…

Al di là di questo, lo studio si è svolto come di seguito, con i cani sottoposti a tre tipi di test.

  1. Inizialmente, i cuccioli sono stati messi tra due bicchieri rovesciati, uno dei quali nascondeva una ricompensa, che gli veniva indicata: i cani hanno reagito correttamente più dei due terzi delle volte, quasi pareggiando il comportamento degli adulti. Quando, però, dopo una dozzina di round, il risultato non è cambiato, i ricercatori hanno concluso che i cuccioli non stessero migliorando con l’esperienza.
Credit: Arizona Canine Cognition Center
  1. Dopodiché, si è passati al cosiddetto “puppy talk”, rivolgendosi ai cuccioli con un tono acuto, ma affettuoso: i cagnolini hanno mantenuto uno sguardo fisso sulla persona che stava parlando loro per una media di 6 secondi (su un totale di 30 secondi di “chiacchierata”). Un simile contatto visivo – il fondamento dell’interazione sociale – sarebbe qualcosa di raro tra i mammiferi, compresi gli antenati dei cuccioli, i lupi grigi.
  1. Infine, i ricercatori hanno insegnato ai cuccioli come trovare il cibo all’interno di un contenitore di plastica chiuso: a differenza degli esemplari adulti, più arrendevoli, i cagnolini non hanno chiesto quasi mai aiuto ai loro compagni umani (forse perché troppo piccoli per sapere di poter contare su di loro?).

Che cosa ci hanno svelato questi cuccioli?

A conclusione degli esperimenti, i ricercatori hanno analizzato il pedigree dei cani coinvolti per verificare il loro grado di parentela, considerandolo anche in comparazione alle loro performance, la cui differenza sarebbe risultata per il 43% circa dovuta alla genetica. Una percentuale piuttosto alta se si tiene conto della complessità di un tratto come quello comportamentale!

Il tutto, però, è stato limitato allo studio di cuccioli di labrador e golden retriever, già conosciuti e apprezzati per le loro “doti sociali”. Ragion per cui la ricerca andrebbe ampliata anche ad altre razze canine. E l’intenzione c’è[1].


[1] Cfr. David Grimm, “These adorable puppies may help explain why dogs understand our body language”, Science, 17 marzo 2021. Disponibile al seguente indirizzo https://www.sciencemag.org/news/2021/03/these-adorable-puppies-may-help-explain-why-dogs-understand-our-body-language?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=cd2fba8502-briefing-dy-20210319&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-cd2fba8502-46136706.

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Autore articolo

Federica Fiorletta - autore

Federica Fiorletta

Redattrice

Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.

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