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Coppetta mestruale: storia, modelli, sicurezza di un prodotto femminile

Viaggio alla scoperta di un prodotto non così recente come si pensi…

Coppetta mestruale

Le mestruazioni sono una normale funzione del corpo e un segno di salute riproduttiva. Le donne in età fertile devono farci i conti, in media, per circa due mesi all’anno. L’accesso a prodotti mestruali non è uguale in tutto il mondo: reddito, mancanza di acqua e servizi igienici adeguati, istruzione insufficiente, incidono sul rapporto con questa funzione corporea. “La mancanza di prodotti mestruali convenienti ed efficaci può causare perdite e irritazioni nelle ragazze e nelle donne mestruate e può influire sulla loro salute. È stato dimostrato che l’uso di materiali di scarsa qualità predispone le donne a un aumentato rischio di infezioni urogenitali, inclusa la vaginosi batterica”[1].

Fortunatamente si assiste, negli ultimi anni, ad un aumento della sensibilità nei confronti dei bisogni delle donne ed il ventaglio di possibilità, così come le iniziative volte a garantire l’accesso a prodotti mestruali, stanno aumentando in tutto il mondo. Tra queste vi è la coppetta mestruale, un dispositivo realizzato con materiale biocompatibile in grado di adattarsi al corpo femminile senza deformarsi. C’è chi la usa già da tanto, chi è titubante e chi non la proverebbe mai. La discussione tra chi ritiene comporti benefici – anche ambientali – e chi, invece, rischi è sempre aperta. Scopriamo insieme qualcosa di più.

coppetta mestruale e assorbenti

Coppetta mestruale, una storia lunga (oltre) un secolo

I primi prototipi di coppetta mestruale sono stati brevettati tra il 1860 ed il 1870 e consistevano in un sacco catameniale da inserire in vagina e attaccato ad una cintura. Ad inizio del ‘900 furono messe a punto alcune altre tipologie da inserire per tutto il periodo del mestruo: si svuotavano attraverso delle valvole da aprire e chiudere[2].

La versione più vicina a quelle che conosciamo oggi risale al 1937, ideata dall’attrice Leona Chalmers e prodotta in lattice. Un prodotto nuovo, in grado di rendere più semplice la vita delle donne. Purtroppo la Seconda Guerra Mondiale e la grande richiesta di lattice bloccò la produzione di questi dispositivi. È solo negli anni ’50 che la Chalmers recuperò la vecchia idea realizzando un prodotto con un nuovo design.

Tassette, questo il nome della prima coppetta con una certa diffusione, fu venduta fino al 1963. Il budget speso per la sua promozione fu anche consistente e molti esemplari furono inviati alle infermiere per promuoverlo tra le pazienti ma l’idea non riuscì a prendere piede. Il problema per le donne di allora – ma anche di molte contemporanee – stava nella difficoltà di concepire la possibilità di lavare e riutilizzare la coppetta mestruale.

La svolta ci fu negli anni ’80 con The Keeper, in lattice e ancora oggi in vendita. La scoperta del silicone rappresenta solo l’ultima delle novità in questo settore: in commercio ne esistono tantissime, di varie forme e colori, per donne che hanno affrontato gravidanze e non. La scelta è molto vasta.

Ma come funziona una coppetta mestruale?

Finora non lo abbiamo ancora detto ma la coppetta mestruale funge da assorbente interno che non assorbe il sangue uterino ma lo raccoglie al suo interno. Prima del suo utilizzo e a fine ciclo mestruale la coppetta va accuratamente sterilizzata facendola bollire: ad ogni cambio va inoltre svuotata e lavata con acqua e sapone e poi reinserita. Come detto in precedenza ne esistono varie tipologie ma in generale sono riassumibili come:

  • Coppette mestruali sagomate, con forma “a campana”, in gomma, lattice, silicone o altro materiale ipoallergenico, riutilizzabile e con una durata media di 10 anni (se utilizzata correttamente),
  • Coppette mestruali in polietilene (prodotte dall’azienda Instead), cioè contenitori con forma simile a quella dei diaframmi anticoncezionali. All’interno di questo gruppo troviamo altre due tipologie: le coppette usa e getta (cioè da buttare dopo un solo utilizzo) e quelle riutilizzabili (cioè buttabili a fine ciclo mestruale).
Coppetta mestruale

Forma e dimensione possono variare: ci sono coppette piccole, grandi e medie e oltre al flusso mestruale variano anche in base a se si è avuto un parto o meno. Il concetto alla base è quello di creare la condizione di “sottovuoto” che permetta alla coppetta di aderire perfettamente alle pareti vaginali senza il rischio di perdite. Al momento della rimozione un gambo ci permette di recuperarla e svuotarla. Ogni quanto andrebbe rimossa? Dipende dal flusso ma generalmente si parla di un intervallo tra le 4-8 ore.

Coppetta mestruale: vantaggi e svantaggi

Posta in questi termini sembrerebbe la soluzione a tutti i mali. Sicuramente i lati positivi ci sono, e molti. Il risparmio economico non è indifferente visto il costo medio di un pacco di assorbenti ed il largo utilizzo che se ne fa. Se posizionata correttamente la coppetta “scompare” e si rischia quasi di dimenticarsene. Ha una capienza maggiore, una durata temporale molto lunga, non causa irritazioni cutanee come quelle degli assorbenti – specialmente d’estate – e protegge da cattivi odori. In ultimo, semplifica la vita in caso si dovesse andare al mare o in piscina.

Aspetti meno positivi riguardano le eventuali infezioni ai quali le donne sono più soggette, come la candidosi: i patogeni sono sempre alla ricerca di una via per complicarci la vita. Chi è allergico al latex dovrebbe stare attento alla scelta: il rischio è quello di ritrovarsi con spiacevoli reazioni avverse. Far bollire la coppetta ad inizio e fine ciclo potrebbe rappresentare un problema, così come l’inserimento nei primi cicli mestruali. Attenzione anche a eventuali vaginiti o cerviciti: in questo caso l’uso della coppetta mestruale è sconsigliato.

Cosa dice la scienza?

Alla ricerca di dati ufficiali e scientifici sull’uso della coppetta mestruale nel mondo abbiamo scoperto che gli studi non sono moltissimi. Articoli simili a questo, in cui vengono spiegate funzione, tipologie, vantaggi e svantaggi, abbondano sul web ma cosa dice la scienza a riguardo? L’articolo[3] più recente e completo individuato risale al 2019 ed è stato pubblicato dall’autorevole rivista scientifica The Lancet. Uno studio che, sfruttando banche dati e ricerche di piccole dimensioni pubblicate nel mondo (43 per la precisione per un totale di 3.319 donne coinvolte), ha analizzato l’effettiva utilità e sicurezza di questo strumento.

L’elemento significativo, dicono i ricercatori, sta nella sicurezza riscontrata nei confronti delle perdite mestruali che rappresentano un vero cruccio per le donne di mezzo mondo. Sul lato più prettamente medico, non sono stati riscontrati uno specifico aumento del rischio per la salute delle donne europee, nordamericane e africane. In alcuni di questi studi si è osservato che la flora batterica non ha subito particolari danni o mutazioni. Sono stati rilevati solo 5 casi di sindrome da shock tossico (TSS), condizione provocata dal batterio Staphylococcus aureus.

mestruazioni

Rispetto al pregiudizio secondo cui le donne non avrebbero piacere a toccare il proprio sangue mestruale si evince che “dei partecipanti, il 73% delle donne e delle ragazze ha dichiarato di voler continuare con la coppetta mestruale dopo aver imparato a usarla e averla provata per diversi cicli mestruali”[4].

Dunque, lo studio dimostra che le coppette mestruali sono un’opzione sicura per la gestione delle mestruazioni e vengono utilizzate a livello internazionale. È stato stimato che il costo iniziale di una coppetta – in media si parla di 23 dollari – rappresenta solo il 5% del costo totale di assorbenti per un periodo di 10 anni. In più, nei paesi a medio-basso reddito con scarso accesso a servizi igienici e alle risorse idriche, comporta un importante risparmio di acqua.

Insomma, la coppetta mestruale rappresenta una valida alternativa ad altri prodotti ma ciascuno di noi ha una propria fisiologia ed una propria anatomia: ad ognuna la sua!


[1] A. M. van Eijk, G. Zulaika, M. Lenchner, L. Mason, et al., “Menstrual cup use, leakage, acceptability, safety, and availability: a systematic review and meta-analysis”, The Lancet, 2019. DOI:https://doi.org/10.1016/S2468-2667(19)30111-2. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.thelancet.com/journals/lanpub/article/PIIS2468-2667(19)30111-2/fulltext

[2] Lunette, “Short History of Menstrual Cups”. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.lunette.com/blogs/news/short-history-of-menstrual-cups  

[3] A. M. van Eijk, G. Zulaika, M. Lenchner, L. Mason, et al., “Menstrual cup use, leakage, acceptability, safety, and availability: a systematic review and meta-analysis”, op. cit.

[4] M. Gharib, “Menstrual Cups: Study Finds They’re Safe To Use — And People Like Them”, NPR, 2019. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.npr.org/sections/goatsandsoda/2019/07/17/742370168/menstrual-cups-they-re-safe-to-use-and-people-like-using-them?t=1628086487364

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Autore articolo

Martina Shalipour Jafari - autore

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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