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L’Italia dei laureati: in molti partono, in pochi tornano. In quanti restano?

Storie “di chi fugge e di chi resta”: Ettore Fedele e Francesca Passarelli

Copertina-Laureati

L’s.o.s. è già stato lanciato e da tempo, ormai. I dati parlano chiaro: si tratta di un’emergenza nazionale, l’Italia sta perdendo le sue menti più brillanti.

Dalle ultime indagini AlmaLaurea emerge che nel 2019 ci sono stati, in Italia, 290.224 laureati – triennali, biennali e a ciclo unico – e 3.938 dottori di ricerca. Attenzione, però: il primo dei due rapporti riguarda ben 75 atenei, mentre il secondo ne riguarda solo 24 su un totale di circa una novantina di atenei in Italia. Nello specifico, i dati AlmaLaurea rivelano che:

  • il 12,5% dei laureati ha studiato all’estero;
  • il 47,3% dei laureati – una percentuale in crescita rispetto agli anni precedenti – è disponibile a trasferirsi per lavorare all’estero;
  • il 53,4% dei dottori di ricerca ha fatto ricerca all’estero;
  • il 21,3% dei dottori di ricerca, potesse tornare indietro, farebbe richiesta per un corso di dottorato direttamente all’estero.

Dall’ultima indagine della Fondazione Migrantes emerge, invece, che nel 2019 ci sono state 257.812 registrazioni di cittadini italiani all’Aire (l’Anagrafe italiani residenti all’estero), di cui il 50,8% per espatrio. In questo caso, i dati ribadiscono che a partire sono soprattutto i giovani in possesso di un titolo di studio medio-alto:

  • il 40,9% degli espatriati ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni.

Che si tratti di partire per motivi di studio o per motivi di lavoro, le varie indagini consultabili online confermano il trend migratorio degli ultimi anni: tra le mete predilette dagli italiani, il Regno Unito è al primo posto, seguito dalla Germania e dalla Francia. Può cambiare l’ordine delle preferenze, ma non cambia l’identità della triade. Poi, c’è anche chi vuole e riesce ad osare di più trasferendosi in un altro continente.

Le ragioni dietro le partenze possono essere tante e altrettante possono essercene dietro i ritorni. Purtroppo, però, ma altrimenti non si tratterebbe di un’emergenza nazionale, i numeri dei ritorni sono inferiori a quelli delle partenze. Capita facilmente che chi torna presto, poi, riparta. Dunque, la possibilità di un rimpatrio c’è e viene presa in considerazione, ma devono esserci, ovviamente, anche le giuste condizioni perché questo possa avvenire. Inoltre, l’espatrio non deve necessariamente essere inteso come qualcosa di negativo, poiché il confronto con un’altra realtà, una realtà diversa dalla propria, può e deve implicare un percorso di arricchimento e di crescita personale e professionale.

Va bene che l’Italia favorisca le partenze delle sue giovani risorse e delle sue menti più brillanti, di modo che possa esserci un confronto con l’altro e con il diverso. Non va bene, invece, che non si sappia ancora come favorire al meglio i rientri. Gli italiani partono, tornano e alcuni, poi, ripartono. Ma quanti, alla fine, (ri)tornano per restare?  Deve esserci volontà di investimento sia da una parte che dall’altra e sia in un senso che nell’altro: deve trattarsi di un incontrarsi e di un confrontarsi per, infine, rincontrarsi.

Ettore Fedele: in viaggio tra l’Europa e l’Africa

Ettore ha viaggiato fin da sempre, prima insieme alla famiglia, poi da solo, in lungo e in largo, andando ovunque nel mondo. È così che si è innamorato della natura e dell’Africa, in particolare. Inizialmente deciso a lasciare la provincia di Treviso per intraprendere un percorso di formazione terziaria in Inghilterra, Ettore rivaluta improvvisamente i suoi progetti di vita e accantona momentaneamente la sua passione per le scienze naturali.

Sceglie, allora, di frequentare una triennale in economia e management – un corso tenuto interamente in lingua inglese – presso l’Università Ca’ Foscari, a Venezia. Prossimo alla laurea, riesce a partire per un tirocinio in Africa, poi ritorna e conclude la prima parte dei suoi studi con una tesi sul mercato illegale dell’avorio. A questo punto, però, non ha più dubbi sul suo futuro. Ettore ha ben chiaro, infatti, di voler vivere di e per quella che è stata la sua passione fin da sempre, facendo tutto o quasi secondo i suoi progetti iniziali.

Si trasferisce, quindi, in Scozia per una magistrale in conservazione e gestione delle aree protette presso la Edinburgh Napier University. Ritorna nuovamente in Africa, conclude anche la seconda parte dei suoi studi e decide, però, di rientrare in Italia. Fin quando, poiché “non c’è due senza tre”, Ettore riparte una terza volta per l’Africa.

Conclusa anche quest’altra esperienza, è il momento, allora, di approdare in Inghilterra ed Ettore arriva, dunque, a Londra, presso i Giardini Botanici Reali di Kew, superata la selezione per un ruolo da research assistant. Trattasi di una posizione non retribuita (riesce a guadagnarci “solamente” una pubblicazione), per cui Ettore, come già fatto in precedenza, sopravvive in città lavorando come cameriere. Poi, finalmente, gli si presenta l’opportunità di una posizione retribuita (dalla quale riesce a guadagnare persino un’ulteriore pubblicazione), sorprendentemente, proprio in Italia, presso il Centro Comune di Ricerca (il JRC) della Commissione Europea, ad Ispra. Ma la vita d’ufficio, di calcoli davanti ad un pc, non fa per lui, che predilige, invece, la ricerca sul campo.

Con l’intento ultimo di riuscire a ritornare in Africa, Ettore decide, allora, di tentare la strada del dottorato. Ottiene, nel frattempo, un altro ruolo da research assistant presso l’Università degli Studi di Firenze, supervisiona alcuni tesisti e pubblica ancora. Alla fine, però, riesce ad ottenere un posto da dottorando in Inghilterra, precisamente, presso la University of Leicester, dove si trova tuttora nell’attesa di portare a termine un progetto di ricerca in genetica della conservazione dei grandi primati e nell’attesa di scoprire quale altra avventura lo sta aspettando.

Ettore-Testimonianze-Laureati

La scelta di studiare nel Regno Unito, come Ettore stesso ha dichiarato, non è stata dovuta tanto al fatto di apprezzare l’estero più dell’Italia quanto a quello di preferire l’offerta formativa delle università straniere e il metodo didattico anglosassone, che – esattamente all’opposto del tipico approccio allo studio italiano – è orientato alla pratica più che alla teoria. Ovviamente, però, come anche lui ha tenuto a specificare, ciò non significa che un metodo sia assolutamente preferibile all’altro. Come in tutto, infatti, ci sono sempre pro e contro.

Tuttavia, la testimonianza di Ettore è un’ulteriore conferma del grande paradosso italiano secondo il quale, da una parte, si preferisce che lo studente maturi un approccio più teorico allo studio e, dall’altra, si pretende che il neolaureato dimostri un approccio più pratico al lavoro. Tanto è vero che, da italiano emigrato all’estero, poi rimpatriato, e da neolaureato in cerca di lavoro, Ettore è riuscito a scavalcare i suoi connazionali, concorrenti con meno competenze pragmatiche e meno esperienza da vantare.

Per di più, ed è stato questo l’unico caso in cui lui si sia espresso esplicitamente a sfavore dell’Italia e a favore del Regno Unito, all’estero viene messo in atto un differente meccanismo di valutazione del curriculum per cui non ci si limita ad operare una severa verifica dei prerequisiti, ma ci si concede di essere più flessibili e si consente al candidato di dimostrare effettivamente il suo valore.

A proposito della scelta di intraprendere anche un dottorato di ricerca nel Regno Unito e non in Italia, di nuovo, non si è trattato tanto di apprezzare un altro paese più del proprio quanto di individuare la situazione meglio aderente ai suoi interessi e alle sue intenzioni. Complici anche le tempistiche: infatti, quando l’Università degli Studi di Firenze propone ad Ettore un’estensione del contratto di lavoro e gli accenna di un eventuale dottorato di ricerca, lui ha già ottenuto e accettato un PhD presso la University of Leicester. Inoltre, Ettore ha ammesso di sentirsi più tranquillo di quanto non sarebbe stato se fosse rimasto in Italia dato che, nel Regno Unito, il dottorato è meglio retribuito e maggiori sono i fondi disponibili per la ricerca.

Tutto ciò non significa che Ettore non farà mai rientro, per restare, in Italia, specialmente ora che, a seguito della Brexit, si è persino detto deluso e disilluso dal Regno Unito stesso. Chissà!

AAA prossima avventura cercasi.

Francesca Passarelli e il suo posto nel mondo: l’Italia

Francesca è ancora un po’ disorientata quando, terminato il liceo, lascia la provincia di Salerno per un corso di laurea triennale in biologia presso l’Università degli Studi di Pavia. Presto, però, capisce di aver preso la scelta giusta e, infatti, decide di proseguire gli studi triennali iscrivendosi ad un corso di laurea magistrale in biologia sperimentale e applicata presso lo stesso Ateneo.

Poi, a conclusione del primo dei due anni, decide, invece, di preparare le valigie e di partire per la Francia. Arriva, dunque, a Parigi, presso l’Institut de Biologie Paris-Seine (l’IBPS), dove, accolta dalla Dott.ssa Katja Wassmann e dal suo team, lavora ad un progetto di ricerca tesi negli ambiti dell’embriologia e della fecondazione.

Torna in Italia per laurearsi e, quasi senza aver disfatto le valigie, decide di ripartire, questa volta per l’Inghilterra. Su suggerimento della stessa Dott.ssa Wassmann, infatti, Francesca fa domanda e viene selezionata come research officer presso il Francis Crick Institute, a Londra.

Dopodiché, però, portata a termine anche quest’altra esperienza, ritorna in Italia, motivata dalla volontà di concorrere per l’ammissione alla Scuola di Specializzazione in Patologia Clinica e Biochimica Clinica dell’Università del Piemonte Orientale. Francesca riesce ad ottenere un altro successo e inizia, allora, il suo percorso di specializzazione presso l’Ospedale Maggiore di Novara. Da qualche tempo, poi, a seguito del COVID-19 e della relativa pandemia, Francesca ha iniziato a lavorare anche presso il Centro per le Malattie Autoimmuni e Allergiche (l’UPO-CAAD) della stessa azienda ospedaliera universitaria, occupandosi proprio dell’analisi di tamponi molecolari.

Francesca-Testimonianze-Laureati

La scelta di partire e, poi, di ripartire per l’estero, sia per motivi di studio che di lavoro, andando una prima volta in Francia e una seconda in Inghilterra, è stata giustificata da Francesca come una volontà assolutamente personale di conoscere altre realtà, oltre quella italiana, operanti nel suo settore formativo e lavorativo.

Basandosi sulla sua esperienza, anche Francesca ha confermato che all’estero, rispetto all’Italia, e in Inghilterra ancor più che in Francia, c’è una maggiore disponibilità di fondi destinati alla ricerca e, di conseguenza, che si ha una maggiore considerazione della figura del ricercatore.

Attribuendo un gran valore alla possibilità che l’estero rappresenta di confrontarsi con altre realtà e con altre persone e, quindi, di continuare a crescere sia sul piano personale che su quello professionale, Francesca si è già detta intenzionata a ripartire nuovamente e a frequentare un master in embriologia, terminata la Scuola di Specializzazione.

Al di là di tutto, però, l’Italia occupa un posto speciale nel suo cuore. Ovviamente, il lavoro è qualcosa di decisamente importante nella vita, ma nella vita di Francesca non è tutto: per lei, infatti, l’Italia rappresenta la stabilità affettiva, una delle sue priorità. Quella rappresentata dall’estero continuerà ad essere una bella sfida, una sfida entusiasmante, ma lavorare a tempo pieno in laboratori internazionali, all’interno dei quali, dunque, la maggior parte delle persone è solamente “di passaggio”, da una parte significa costruirsi un’importante rete di contatti e dall’altra significa anche instaurare delle relazioni sociali precarie, cosa che può spesso rivelarsi frustrante, come nel suo caso. È per questo che, allora, dopo essere partita e dopo essere tornata, per poi ripartire e per poi ritornare, molto probabilmente, alla fine, Francesca resterà.

Autore articolo

Federica Fiorletta

Federica Fiorletta

Redattrice

Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature  ultracontemporanee. Il mio posto nel  mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.

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