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Vaiolo delle scimmie: cosa sappiamo finora?

Il punto della situazione sul non tanto nuovo virus che ha contagiato anche l’Italia

Monkeypox virus

Sono trascorsi 7 giorni dall’identificazione del primo caso del cosiddetto “vaiolo delle scimmie” in Italia: il 19 maggio, presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma, un uomo rientrato da un viaggio alle Canarie veniva infatti dichiarato positivo al Monkeypox virus. Ad oggi, i casi accertati sono diventati 7.

Ma la questione non riguarda soltanto l’Italia. Dal 13 al 21 maggio, infatti, come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), 12 degli Stati membri dell’OMS – dove il virus non è endemico (a differenza dei Paesi dell’Africa centro-occidentale) – ne sono rimasti coinvolti, con un totale di circa 200 casi in tutto il mondo e di una 70ina in Europa, per la maggior parte in Portogallo, Spagna e Regno Unito.

La situazione globale è senz’altro complessa e ci sono ancora almeno due punti da chiarire: il perché dell’attuale diffusione del Monkeypox virus anche al di fuori delle zone endemiche e il perché del legame di molti casi – tra cui quelli italiani – con le Canarie. Tuttavia, la comunità scientifica internazionale continua a dirsi preoccupata, ma non allarmata, anzi fiduciosa di riuscire a contenere la trasmissione di questo virus.

Vaiolo delle scimmie: cos’è, come ci si contagia e quali sono i sintomi

Il Monkeypox virus non è né un antenato né un discendente diretto dello Smallpox virus[1], l’agente eziologico del vaiolo umano, ormai eradicato. I due condividono, invece, l’appartenenza allo stesso genere, l’Orthopoxvirus, e alla stessa famiglia, quella dei Poxviridae. Il nome “vaiolo delle scimmie” è dovuto al fatto che il virus sia stato rintracciato per la prima volta nel 1958 in alcune scimmie di laboratorio, in Danimarca. Si tratta di una malattia zoonotica, ovvero che può essere trasmessa dagli animali all’uomo, come scopertosi per la prima volta nel 1970[2] nella Repubblica Democratica del Congo. In realtà, i primi ad essere stati colpiti dal virus sarebbero stati i roditori, che lo avrebbero poi trasmesso ai primati, partendo dalle scimmie per arrivare agli esseri umani.

Il Monkeypox è un virus a DNA e non a RNA come quello della COVID-19, dell’ebola, dell’epatite C o dell’AIDS. Sarebbe questo uno dei motivi per cui farebbe meno spavento: questo tipo di virus sarebbe infatti migliore dell’altro nel rilevare e riparare eventuali mutazioni. Muterebbe, dunque, con molta meno facilità e, soprattutto, rapidità[3].

A differenza poi del SARS-CoV-2, principalmente trasmesso tramite i droplet – secrezioni respiratorie e salivari in forma di goccioline, espulse da una persona infetta alla quale ci si trova in prossimità, che starnutisce o tossisce, e che rimangono sospese nell’aria – il vaiolo delle scimmie è molto meno contagioso e si contrae entrando per lo più in stretto contatto con lesioni cutanee e fluidi corporei, oltre che con droplet o materiali contaminati. Attenzione, però: non si tratta di un’infezione sessualmente trasmissibile. Sebbene apparentemente ad esserne colpiti siano soprattutto uomini tra i 20 e i 50 anni, che hanno rapporti con altri uomini (omosessuali e bisessuali), il rischio c’è per tutti!

Tra i sintomi più comuni mal di testa, febbre alta, ingrossamento dei linfonodi, dolori muscolari e articolari, mal di schiena, debolezza, ma soprattutto atipici sfoghi cutanei[4].

Monkeypox virus

Vaiolo delle scimmie: il primo sequenziamento genomico

In circolazione ci sarebbero due diversi ceppi virali del Monkeypox virus, quello dell’Africa occidentale e quello dell’Africa centrale, quest’ultimo riconducibile all’area delimitata dal bacino del fiume Congo. Nel primo caso il tasso di mortalità si aggirerebbe intorno all’1%, nel secondo, invece, potrebbe raggiungere anche il 10%[5].

Proprio lo scorso 20 maggio, il genoma del virus è stato sequenziato per la prima volta in Portogallo, sequenziamento che ci ha rivelato che il ceppo virale che starebbe circolando nei Paesi in cui il Monkeypox non è endemico sarebbe quello dell’Africa occidentale. Fortunatamente, quindi, il meno aggressivo dei due. Anche i ricercatori dell’Istituto Spallanzani hanno completato la prima analisi della sequenza del DNA del virus dei primi tre casi italiani e tutti i campioni sono risultati affini al ceppo sopra menzionato, nonché uguali ai campioni di virus isolato sia in Portogallo che in Germania[6].

Vaiolo delle scimmie: come lo si previene e cura

Come già detto, ci sono ancora delle risposte da darsi. Così, ad esempio, sebbene siano passati più di 60 anni, non si sa ancora quale sia stato l’animale che ha fatto originariamente da “serbatoio” per l’infezione. L’ipotesi più accreditata vuole che si sia trattato di scoiattoli e, nello specifico, di Funisciurus, ma, per l’appunto, non se ne ha ancora la certezza. In attesa di queste risposte, si sta generalmente consigliando di adottare la linea della prudenza, per quanto gli esponenti della comunità medico-scientifica internazionale continuino a rassicurarci ripetendoci che si dovrebbe riuscire a mantenere il fenomeno contenuto entro determinati limiti.

Quelloanti-vaiolo (umano) – il primo vaccino efficace che sia mai stato sviluppato, introdotto dal medico inglese Edward Jenner nel 1796 – si è dimostrato storicamente utile anche per raggiungere l’immunità al vaiolo delle scimmie. Tutta la fascia di popolazione mondiale over 50, a cui in passato è già stata somministrata la vaccinazione antivaiolosa, risulterebbe infatti protetta. Al contrario, invece, sarebbero più a rischio tutte le persone di età inferiore. In ogni caso, esistono già sia un vaccino – l’MVA-BN della Bavarian Nordic – che un trattamento specifico – il Tecovirimat -per il Monkeypox virus. Tuttavia, quest’ultimi non sarebbero ancora ampiamente disponibili. È vero anche, però, che solitamente i sintomi della malattia si risolvono spontaneamente in un arco di tempo compreso tra i 14 e i 21 giorni.

Presto dalla ricerca dovremmo saperne di più… Nel frattempo, prudenza.


[1] In latino scientifico, Variola virus. La dicitura inglese “small pox” serviva a differenziare questa malattia infettiva dalla sifilide, un tempo nota anche come “great pox”.

[2] Cfr. Max Kozlov, “Monkeypox goes global: why scientists are on alert”, Nature, 20 maggio 2022. Disponibile al seguente indirizzo https://www.nature.com/articles/d41586-022-01421-8?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=5c8d55d3a8-briefing-dy-20220520&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-5c8d55d3a8-46136706.

[3] Cfr. Ibidem.

[4] Cfr. “Multi-country monkeypox outbreak in non-endemic countries”, World Health Organization, 21 maggio 2022. Consultabile al seguente indirizzo https://www.who.int/emergencies/disease-outbreak-news/item/2022-DON385.

[5] Cfr. Redazione ANSA, “Vaiolo delle scimmie: l’origine della malattia, come ci si contagia e quanto dura il periodo di incubazione”, ANSA, 22 maggio 2022. Consultabile al seguente indirizzo https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2022/05/19/vaiolo-scimmie-infetta-uomo-ma-di-solito-lieve_fc7bab78-363f-4a58-a0f8-cd896cd1c266.html.

[6] Cfr. Redazione ANSA, “Vaiolo delle scimmie: sei casi, uno anche in Lombardia. Possibile legame con le Canarie”, ANSA, 25 maggio 2022. Consultabile al seguente indirizzo https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2022/05/24/vaiolo-delle-scimmie-sei-i-casi-uno-anche-in-lombardia.-possibile-legame-con-le-canarie-_352dd514-4a14-47a0-b163-4279b656bcc8.html.

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Autore articolo

Federica Fiorletta

Federica Fiorletta

Redattrice

Laureata in Lingue, Culture e Traduzione Letteraria. Anglista e francesista, balzo dai grandi classici ottocenteschi alle letterature ultracontemporanee. Il mio posto nel mondo è il mondo, viaggio – con il corpo e/o con la mente – e vivo per scrivere.

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