Di media, nel mondo, una persona consuma ogni anno 4,5 kg di caffè con grandi differenze, però, tra i singoli Paesi. L’Italia, neanche a dirlo, è uno di quelli in cui i consumi sono superiori alla media: il riferimento è di circa 6 kg annui a persona per una spesa di circa 250 euro pro-capite. Ma se tutto ciò finisse?
Giocando con lo slogan di un importante marchio di crema alla nocciola spalmabile… Che mondo sarebbe senza caffè? Il pericolo è tutt’altro che remoto. Secondo gli esperti, i cambiamenti climatici stanno provando le colture globali di caffè ed il rischio è di vedere l’attuale produzione fortemente compromessa entro il 2050.
Caffè e cambiamenti climatici: un confronto
Secondo uno studio pubblicato su PLUS ONE metà delle terre attualmente coltivate a caffè non saranno più adatte alla produzione della qualità Arabica entro il 2050. Ad entrare in crisi profonda saranno soprattutto quelle più calde che andranno irrimediabilmente incontro a stagioni più secche. È questo il caso di molte aree del Brasile (Paese che sta vivendo una profonda crisi idrica), dell’India e dell’America Centrale. Circa l’80% di queste aree diventerà inadatto alla coltivazione del caffè[1].
Sopravvivranno solo le aree equatoriali più fresche e umide come quelle della Colombia, dell’Etiopia, del Kenya e dell’Indonesia, notoriamente produttrici di un prodotto di alta qualità e che comunque vedranno ridurre la capacità produttiva di un terzo.
Caffè: dove crescerà nel 2050?
Quella del caffè è una pianta molto sensibile ai cambiamenti di temperatura: cambiamenti visibili sia in termini di qualità che di produttività. Generalmente, abbiamo visto, è una coltura che cresce in zone equatoriali ma in zone climatiche differenti, sia secche/calde che fresche/umide. Da qui la necessità di una pianificazione dell’agricoltura intelligente.
Quello che gli studiosi stanno cercando di fare per correre ai ripari è mappare i climi per valutarne i cambiamenti nei prossimi decenni. Con l’elaborazione di modelli matematici sarà possibile prevedere dove il caffè crescerà nel prossimo futuro dividendo il territorio tra zone idonee e non idonee alla sua coltivazione.
Attraverso l’intelligenza artificiale si vuole tentare di creare una classificazione delle zone coltivate individuando quelle nelle quali si potrà coltivare caffè con degli accorgimenti, quelle in cui si potrà proseguire la coltivazione senza apportare modifiche e quelle in cui, purtroppo, si dovrà cessare la produzione riconvertendola verso altre colture[2].
La riscoperta di alcune specie antiche (e resistenti) di caffè
Al mondo sono 121 le specie di caffè conosciute ed usate per la preparazione della bevanda che tanto amiamo eppure il mercato del caffè, attualmente, è dominato dalle due qualità più apprezzate dai consumatori, l’Arabica (60%) e la Robusta (40%).
Come già abbondantemente delineato finora, i cambiamenti climatici, le malattie ed i parassiti stanno limitando la loro resistenza e sostenibilità. Ma c’è una buona notizia. Nell’Africa occidentale, tra Sierra Leone, Guinea e Costa d’Avorio, sono state riscoperte due qualità antiche di caffè, autoctone, resistenti ai mutamenti del clima e alle malattie: si tratta della Coffea Stenophylla e della Coffea Affinis[3].
Coffea Stenophylla
Il potenziale commerciale della C. Stenophylla risale al 1794 sebbene sia stata descritta scientificamente solo nel 1834: a differenza delle altre qualità presenta foglie più strette e frutti neri anziché rossi. Il Caffè della Sierra Leone, così era conosciuto, veniva ampiamente consumato in Francia e la sua coltivazione fu diffusa anche nel sud-est asiatico in quelle che oggi sono ex colonie francesi ed inglesi. A causa della bassa resa non ha prevalso come qualità e attorno agli anni ’20 del secolo scorso è caduta nel dimenticatoio, tuttavia ha mostrato ottima resistenza ad altitudini basse e può essere usata in condizioni di siccità, con temperature alte e scarse precipitazioni.
Coffea Affinis
Simile per colore dei chicchi, la C. Affinis differisce dalla specie precedente per dimensioni e forma delle foglie. Rispetto all’Arabica, questa qualità ha un vigore, un valore in termini di gusto e resistenza alle malattie superiori. Anche in questo caso viene coltivata nell’Africa occidentale ma sia questa specie che la Stenophylla stanno scomparendo, vittime della deforestazione e delle turbolente situazioni politiche dei Paesi in cui crescono. La loro salvaguardia, anche in una futura ottica commerciale, sta diventando una priorità.
Dal passato la soluzione per il futuro
C. Affinis e C. Stenophylla pur essendo considerate varianti antiche sembrano aver acceso l’interesse dei produttori e degli studiosi del caffè. Nonostante una resa inferiore, caratteristica che le ha costrette all’oblio, è proprio la loro resistenza ai cambiamenti climatici che le sta riportando alla ribalta. Restano gli interrogativi sul gradimento del grande pubblico rispetto ad un gusto che, per quanto di qualità, dovrebbe differire da quelli più classici. E voi sareste pronti all’assaggio?
[1] World Coffee Research, “MULTICLASS CLASSIFICATION OF AGRO-ECOLOGICAL ZONES FOR ARABICA COFFEE”, 2015. Consultabile al seguente indirizzo: https://worldcoffeeresearch.org/work/agro-ecological-zones-arabica-coffee/
[2] World Coffee Research, “MAPPING COFFEE’S CLIMATES”, 2015-2018. Consultabile al seguente indirizzo: https://worldcoffeeresearch.org/work/mapping-coffees-climates/
[3] Davis AP, Gargiulo R, Fay MF, Sarmu D and Haggar J (2020) Lost and Found: Coffea stenophylla and C. affinis, the Forgotten Coffee Crop Species of West Africa. Front. Plant Sci. 11:616. doi: 10.3389/fpls.2020.00616
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Autore articolo
Martina Shalipour Jafari
Redattrice
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