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Quando i bambini credevano che Charles Dickens fosse Babbo Natale

Una riflessione sul senso del Natale coniugata al passato, al presente e al futuro

Copertina Dickens

di Marianna Esposito Vinzi (traduzione a cura di Federica Fiorletta)

Vittoria venne eletta regina nel 1837 e morì nel 1901, ma la cosiddetta “età vittoriana” ebbe propriamente inizio con l’approvazione della Riforma (Reform Bill) nel 1832. Le guerre napoleoniche avevano infatti lasciato l’Inghilterra in uno stato deplorevole, per cui era necessario intervenire con riforme politiche e sociali. Ma l’Inghilterra preferì sottrarsi alle questioni continentali per concentrare tutti i suoi sforzi nel risolvere i suoi problemi interni e nel costruire il proprio impero coloniale.

Nel 19° secolo la Rivoluzione Industriale era stata completata e con la Grande Esposizione Universale del 1851 Londra raggiunse il suo apice. La Gran Bretagna era ormai diventata la workshop of the world (l’“officina del mondo”): l’industria venne completamente trasformata dalle macchine e l’Inghilterra passò dall’essere un paese agricolo all’esserne uno manifatturiero. Tantissime persone lasciarono le campagne per andare a lavorare nelle fabbriche.

Le città crebbero e i bassifondi divennero sempre più affollati. Povertà e malcontento si diffusero sempre più tra le classi lavoratrici. Indigenza urbana e ingiustizia sociale dilagavano, il lavoro minorile veniva sfruttato sia nelle miniere di carbone che nelle fabbriche. Dickens scrisse molto delle terribili condizioni in cui versavano i bambini più poveri e Oliver Twist è un perfetto esempio di denuncia dello sfruttamento minorile in fabbriche e miniere.

Tutte queste situazioni condussero all’emanazione del Mines Act prima, nel 1842, per vietare ai bambini al di sotto dei 10 anni di calarsi sotto terra, e del Factory Act dopo, nel 1847, per ridurre ad un massimo di 10 le ore di lavoro giornaliere. E fu proprio durante l’età vittoriana che in Inghilterra l’educazione divenne universale.

Essere bambini durante l’età vittoriana

Prima dei poeti romantici, quello dell’infanzia non era mai stato un tema importante nella letteratura inglese. Per il poeta romantico William Blake, che promuoveva l’educazione dei più piccoli per mezzo dei loro stessi impulsi naturali e interessi, il bambino stava a rappresentare l’innocenza. Man mano che nel 19° secolo venivano scritti sempre più libri per bambini, l’infanzia finì per diventare il simbolo di un rifugio nostalgico per tutti quegli adulti che si rifiutavano di crescere (si pensi ad Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, pubblicato nel 1865, o a Pinocchio di Carlo Collodi, pubblicato nel 1881).

Essere bambini durante l’età vittoriana (1830-1900) significava essere esposti ad un pericolo che spesso poteva rivelarsi mortale: i bambini morivano molto facilmente di bronchite, polmonite, difterite, tubercolosi, pertosse ecc. Oggigiorno associamo la morte alla vecchiaia, ma se facciamo un salto indietro nel tempo scopriamo che, all’epoca, la morte era solita far visita proprio ai più piccoli. Ma, nonostante nel 19° secolo i bambini morissero con una frequenza regolare, comunque la morte di un bambino veniva vista come un evento particolarmente tragico.

Nello stesso anno di pubblicazione del Canto, il 1843, il Parlamento istituì la Children’s Employment Commission (il “Comitato per l’Occupazione Infantile”), realizzando un’indagine sulla drammatica situazione dei più giovani nelle carceri londinesi e sottolineando il bisogno disperato di un’educazione per i più poveri. Dickens scrisse il Canto dopo aver assistito alle condizioni di lavoro cui erano soggetti i bambini nelle miniere e in seguito ad una sua visita in una scuola per i bambini di strada a Londra.

Essere bambini secondo l’autore del Canto di Natale

Il libricino di Dickens fu pensato per essere un regalo di Natale, venduto al prezzo di 5 scellini, con una copertina di un marrone color salmone e delle meravigliose illustrazioni dell’artista John Leech, amico di Dickens.

Libro_regalo Natale

Il tema natalizio della casa e dell’amore familiare è il principale di questa sua opera, di cui è anche caratteristico il ricorso dickensiano al soprannaturale, l’elemento di cui un racconto di Natale, secondo l’autore, non poteva prescindere. In Il Natale da adulti, lo “spirito del Natale” viene descritto come lo “spirito dell’utilità, della perseveranza, della gentilezza, del perdono, della restituzione, della riconciliazione, della tenerezza, dell’importanza della memoria e dell’immaginazione per il benessere morale dell’individuo”. Dickens riteneva che Gesù fosse al di sopra di tutti i più grandi maestri di sempre e che noi fossimo più simili a Cristo proprio da bambini. Per questo, egli riteneva essenziale per il nostro benessere morale e spirituale che non perdessimo mai il contatto con la nostra infanzia.

Charles Dickens: il Babbo Natale vittoriano

Charles Dickens nacque a Portsmouth (Hampshire, costa meridionale dell’Inghilterra) nel 1812, secondo di 8 figli. Morì improvvisamente, per un ictus, nel 1870 all’età di 58 anni, lasciando incompleto il suo ultimo romanzo, Il mistero di Edwin Drood. È da più di 2 secoli che i suoi scritti riescono ad essere d’impatto per i lettori, quelli di ieri come quelli di oggi. I romanzi di Dickens hanno contribuito alla costruzione dell’immaginario del Natale, di Londra, dell’infanzia, della società inglese, della famiglia e della moderna città industriale di molti lettori, e rappresentano alcuni dei più grandi capolavori della letteratura inglese.

Dickens scrisse diversi articoli, lettere, tenne discorsi e letture pubbliche, viaggiò molto e si sentì sempre, nel corso della sua vita, profondamente connesso con il mondo fisico e con i problemi della società del suo tempo. Nei suoi romanzi (Oliver Twist, David Copperfield e Casa desolata, ad esempio), che furono pubblicati in serie in periodici settimanali e mensili, egli denuncia l’ingiustizia delle ineguaglianze tra ricchi e poveri.

Le esperienze di bambino di Dickens furono simili a quelle da lui descritte in David Copperfield (1850). Suo padre, un impiegato del governo, venne imprigionato per debiti e Dickens, all’età di 12 anni, fu subito mandato a lavorare in un deposito di lucidi per scarpe, proprio come David Copperfield: attraverso la figura di questo eroe, il suo “bambino preferito”, come scrive egli stesso, Dickens ha apertamente tratteggiato la sua stessa vita, realizzando allo stesso tempo un ritratto del padre, che evoca un misto di amore, nostalgia e senso di colpa.

I luoghi della sua vita – le strade di Londra e Parigi, la campagna del Kent, le montagne del Lake District – sono parte dei suoi scritti. Le prime edizioni dei romanzi di Dickens occupano uno spazio negli scaffali delle biblioteche dal Sudafrica a Montréal. Nel 19° secolo i romanzi di Dickens influenzarono gli autori di narrativa dai Caraibi fino all’Australia (ne è un perfetto esempio lo scrittore australiano John George Lang con il suo The Ghost Upon the Rail, pubblicato nel 1859).

Secondo un famoso aneddoto dei biografi di Dickens, il 9 giugno 1870 una ragazza a Londra avrebbe esclamato: “Dickens morto? Allora è morto anche Babbo Natale?!”.

Quest’identificare Dickens con il Natale, profondamente radicato nella cultura popolare del mondo anglosassone, ebbe inizio quand’egli era ancora giovane (aveva 32 anni), ma già decisamente affermato come uno dei più amati romanzieri dell’Inghilterra. Gli inglesi lo consideravano l’“incarnazione dello spirito del Natale”, ovvero, in parole semplici, Babbo Natale in persona.

Il caso editoriale del Canto di Natale

Il suo Christmas Book, a Christmas Carol. In Prose. Being a Ghost Story of Christmas fu pubblicato per la prima volta il 17 dicembre 1843 (dunque, 178 anni fa). Alla Vigilia di Natale questo libricino aveva già venduto oltre 5.000 copie e i suoi editori, Chapman e Hell, stavano già pianificando la prima di una lunga serie di ristampe. Da allora, il Canto non è mai stato fuori catalogo, di solito disponibile in più edizioni, ed è diventato parte integrante del mobilio di negozi inglesi e americani, insieme agli alberi e alle decorazioni di Natale. E che dire di tutti gli adattamenti cinematografici che hanno proliferato nel corso degli anni, di tutti gli adattamenti per i palcoscenici inglesi e americani, chiaramente sensibili al cambiamento e alle condizioni e aspirazioni sociali da entrambe le parti dell’Oceano Atlantico?

In un articolo del Pictorial Times del 23 dicembre 1843, Dickens scrisse:

At this joyous season of dinners and laughing faces, it becomes to think of the poor. While the fire blazes on our hearth and the tables are covered so plenteously, let us think of the poor in their chilly houses with bare tables, and let us think of the houseless wanderers in the streets…”.

Si possono trovare esortazioni simili in molti altri articoli scritti da Dickens in quel periodo: dopotutto, si tratta dei cosiddetti Hungry Forties(gli “affamati ‘40”) del 19° secolo in Inghilterra, un periodo di difficoltà economica e disagio sociale. Dickens voleva che i suoi lettori prestassero attenzione a quello che era solito chiamare il “Natale del cuore”, al “donare, donare al povero”, al “vestire lo spogliato e nutrire l’affamato”. Dickens era convinto che i suoi scritti potessero influire sui suoi lettori più di quanto potesse fare un sermone in chiesa: era convinto di riuscire, con le sue parole, ad incoraggiare più atti di beneficenza e suscitare più sentimenti gentili.

Letture di Natale

Il rinnovato interesse per le tradizioni natalizie che si diffuse tra gli intellettuali durante gli anni ‘20 e ‘30 dell’Ottocento non era, però, primariamente ispirato da uno zelo nel promuovere la carità cristiana, ma era piuttosto correlato al diffondersi di un gusto per il pittoresco e di una nostalgia per quei “tempi d’oro” in cui la società era più stabile e le classi più in armonia.

Tutti gli scritti natalizi di Dickens sono accomunati dalla presenza del tema dei ricordi dolorosi, dell’attenzione per tutti coloro che sono stati afflitti da sfortune e dispiaceri, come quello per la perdita di una persona cara, spesso un bambino.

La storia di Natale per eccellenza

5 brevi capitoli raccontano la storia di Ebenezer Scrooge, un uomo avaro, che vive solo e preoccupandosi soltanto di come guadagnare e accumulare denaro. A seguito di tre incontri soprannaturali durante la notte della Vigilia di Natale, Scrooge apprende il vero significato della vita e del Natale stesso.

La storia si apre con Ebenezer Scrooge seduto nel suo ufficio. Il focus di tutta la trama del Canto ruota attorno alla figura di Scrooge, il cui nome evoca il significato delle due parole, screw e gouge, estorcere, truffare.

È la Vigilia di Natale, ma l’uomo è non è nello spirito giusto. Gli fa visita il nipote, Fred, un piacevole giovanotto, ma Scrooge rifiuta l’invito a casa sua per la cena di Natale il giorno seguente.

“A merry Christmas uncle” cried the boy. It was Scrooge’s nephew who came upon him.

“Merry Christmas? Said Scrooge. What right have you to be marry? What reason have you to be marry? You are poor enough”.

“Come then” replied the boy “And you, what right have you to be sad? What reason have you to be morose? You are rich enough”.

Scrooge scaccia via anche due uomini in cerca di donazioni per i poveri e acconsente con riluttanza di concedere al suo impiegato, Bob Cratchit, un giorno libero per trascorrere il Natale con la sua famiglia. L’uomo, il cui nome è Scrooge, è un misantropo.

Quando rientra a casa quella sera, Scrooge percepisce una presenza ed infatti gli fa visita un fantasma, che si scopre essere il suo defunto socio, Jacob Marley. Quest’ultimo, avvolto da catene attorcigliate a dei salvadanai, dice a Scrooge di esser condannato a vagare sulla Terra in queste pesanti catene come punizione per la sua avidità.

Il primo a fargli visita è lo Spirito del Natale Passato, che riporta Scrooge ai tempi innocenti della sua gioventù: quelli della sua infanzia solitaria, del suo amore per la sorella Fan, prematuramente scomparsa, per una giovane ragazza, Belle, e per la sua famiglia.

Il secondo è lo Spirito del Natale Presente, che rivolge l’attenzione di Scrooge sul suo impiegato, Bob Cratchit, e sulla sua misera dimora, dove il figlioletto Tiny Tim si trova in fin di vita.

Il terzo e ultimo spirito è quello del Natale Futuro, che silenzioso fa assistere Scrooge alla perdita della famiglia Cratchit, dopo la morte di Tiny Tim. Quello di Scrooge è un cuore duro, ma l’uomo si riempie di orrore quando, alla fine, lo spirito lo porta dinanzi alla sua tomba, mostrandogli la lapide con su inciso il suo nome. Scrooge implora dunque lo spirito di riportarlo a casa, per dargli modo di cambiare ed evitare un futuro così funesto.

Una volta tornato alla vita reale, Scrooge si scopre felice e sollevato di sapere che è ancora la mattina di Natale. Trascorre il giorno insieme ai suoi parenti e fa recapitare anonimamente un tacchino alla famiglia di Bob Cratchit. Il giorno dopo, aumenta lo stipendio del suo impiegato e si impegna per diventare un secondo padre per Tiny Tim.

Da quel momento in poi, Scrooge si mostra gentile e generoso con chiunque incontri e finisce per incarnare il vero spirito del Natale.

“Scrooge was better than his words. And for Tiny Tim, who did not die, he was like a second father. He became a good friend, a good master, a good man. His heart laughed and that was quite good for him.

He had no further intercourse with Spirits and he knew how to keep Christmas well, if any man alive possessed the knowledge. May that be truly said of us, and all of us! And so, as Tiny Tim observed, God bless Us, Every one!”.

Una conclusione per riflettere insieme

Il tema principale di questo romanzo è quello della redenzione. L’auto-riflessione permette a Scrooge di trasformarsi da uomo solo, triste in uomo generoso, benefattore, che migliora notevolmente la qualità della propria vita.

Canto di Natale

La critica sociale di Dickens all’Inghilterra vittoriana contenuta in Canto di Natale viene naturalmente espressa proprio tramite il personaggio di Scrooge, interessato solamente alla sua persona. Dickens stesso fu costretto a lavorare prima del previsto a causa dei debiti paterni e questa sua esperienza dell’infanzia incise profondamente su di lui, cambiandolo.

Ci sono persone che vi diranno che il Natale non è più lo stesso di una volta e che il presente funge loro solamente da promemoria dell’avversità, della sfortuna e di tristi ricordi. Questo non va bene.

Riflettete sulle vostre fortune presenti e non sulle sfortune passate, che ognuno di noi avrà avuto. Riempitevi di nuovo i bicchieri e, con la felicità impressa tanto sul vostro volto quanto nel vostro cuore, fate dei vostri un Natale e un nuovo anno felici, tra tante chiacchiere in compagnia, risate e gioia.

Come scrive Dickens:

“Who can be insensible to the good feeling which abound at this season of the year? There seems to be something magic in the very name of Christmas. Discords, prejudices and animosities which deform our better nature are forgotten: happiness, kindness, benevolence and cordial embrace are welcome and all the children look forward to it for some two months beforehand in a fever of anticipation”.


Per leggere (e scaricare) il contributo in lingua originale (inglese):

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