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The Line, la città saudita tecnologica e sostenibile, ricca di contraddizioni

La città del futuro è sempre più presente

The line

Immaginate una città senza auto, senza smog, in cui i servizi importanti sono solo a 5 minuti a piedi da casa vostra. Un sogno vero? Il Principe ereditario dell’Arabia Saudita, Mohammed Bin Salman, vuole far avverare questo sogno grazie a The Line. Il progetto avveneristico è stato annunciato già nel 2017 ma la costruzione dovrebbe cominciare nel primo trimestre di questo 2021[1].

L’obiettivo dichiarato è quello di realizzare, non più solo immaginare, la città del futuro: funzionale, ecologica e a misura di pedone.

Gli ultimi dati ci dicono che l’inquinamento atmosferico causato dai combustibili fossili è responsabile di 8,7 milioni di morti nel mondo solo nel 2018[2].

Secondo le classifiche internazionali l’Arabia Saudita è uno dei Paesi più colpiti dal fenomeno nel mondo. In un articolo[3] pubblicato agli inizi di quest’anno sono ben due le città saudite presenti nella lista delle prime dieci per inquinamento. È questo il caso di Al Jubail, polo industriale affacciato sul Golfo Persico, famoso per la produzione e la lavorazione dell’alluminio. Un settore che ne ha permesso lo sviluppo ma che le ha fatto guadagnare il titolo di seconda area più insalubre del Paese (la quinta nel mondo). A precederla di una posizione la capitale Riad, attanagliata dall’inquinamento da anidride solforosa, prodotto della lavorazione del petrolio.

È proprio per abbattere l’impatto dell’attività industriale, la dipendenza economica dal petrolio e il numero di morti da incidenti stradali che il Principe starebbe lanciando The Line.

The Line: la città orizzontale

Una scelta in controtendenza rispetto agli ultimi decenni, quella dei progettisti di The Line. Mentre alcuni Stati del mondo si sfidano per aggiudicarsi il titolo di grattacielo più alto del pianeta, in Arabia Saudita si punta a sviluppare il nuovo centro urbano, lungo la linea dell’orizzonte.

Centosettanta chilometri di lunghezza, dalla costa del Mar Rosso verso l’interno, nel nord-ovest del Paese. Neom (combinazione della parola greca “nuovo” ed il termine arabo “futuro”), questo il suo nome, non avrà né strade né auto. È pensata come un susseguirsi di moduli urbani, collegati tra loro tramite trasporto pubblico, sotterraneo, ad alta velocità. Tempo di percorrenza da una estremità all’altra: non più di venti minuti.

Ciascun modulo sarà completamente autosufficiente a livello energetico, grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili. L’elemento più interessante è la suddivisione della città su tre livelli, due dei quali sotterranei. A livello del manto stradale si avranno spazi verdi e ambienti adatti alla vita quotidiana. Il primo sub-livello sarà dedicato alla logistica necessaria al funzionamento della città. Il secondo più in basso, definito strato dorsale, ospiterà il trasporto ad alta velocità.

The Line e le sue contraddizioni

Quello di The Line è un progetto che va ad inserirsi all’interno di un piano molto più vasto denominato Vision 2030. L’idea di fondo, come dicevamo, è quello di rendere il Paese maggiormente indipendente dal petrolio, investendo sull’utilizzo dell’energia solare ed eolica. Da qui una delle prime contraddizioni di questa megalopoli delle dimensioni del Belgio e trentatre volte più grande di New York[4]: i fondi per la sua costruzione provengono dal petrolio.

La società a capo del progetto, di proprietà del Principe ereditario Bin Salman, riceverà 500 miliardi di finanziamenti pubblici necessari a completare l’opera entro il 2025. Tra i servizi di maggiore interesse si citano[5]: una luna artificiale, spiagge illuminate di notte, taxi volanti azionati da droni, maggiordomi robot per pulire le abitazioni, un’attrazione simile a Jurassic Park. Da qui la seconda contraddizione. Per chi è pensata Neom? Non per le persone del posto che di certo non sarebbero in grado di sostenere il costo della vita di questa città da un milione di abitanti.

Ma se per molti The Line rappresenta un sogno, per altri ha assunto i tratti di un incubo. La questione assume i contorni di una vera e propria violazione dei diritti umani se pensiamo che la sede preposta alla sua costruzione è un territorio abitato da secoli della tribù Huwaitat. Popolazione che è stata caldamente invitata a lasciare le proprie abitazioni per essere trasferita altrove. Dove? Non si sa, come non si conosce l’entità dei risarcimenti promessi dal governo saudita. Qual è la linea di confine tra umanità e progresso? The Line rappresenta un caso emblematico.

Le città del futuro

Ma quale sarà il futuro delle nostre città? Se è vero che le parole d’ordine sono ecologia, sostenibilità, mobilità ed intelligenza artificiale, in che modo questi elementi si combineranno tra loro? Non siamo gli unici (per fortuna) a porci questa domanda, soprattutto alla luce della recente emergenza da Coronavirus. La Professoressa Paola Pucci, Docente di urbanistica presso l’Università di Milano, ha proposto un modello denominato 4D: distribuire, digitalizzare, disincronizzare e decentrare[6].

Bisogna ripensare alla mobilità cittadina, cercando di decongestionare il traffico che annega le metropoli di smog, a favore dell’utilizzo e della realizzazione di strutture per il transito di mezzi green come bici e monopattini. Ma ciò determina anche un ripensamento dei centri produttivi non più collocati in un’unica area, ma decentrati secondo la logica del policentrismo e della regola dei 15 minuti. Anche gli orari di lavoro dovranno essere ripensati in accordo con le esigenze del lavoratore che potrà, in questo modo, evitare di spostarsi durante le ore di punta.

Smart Forest City - Cancun
Smart Forest City, Cancun
Fonte: Stefano Boeri Architetti

Il National Geographic si è posto il nostro stesso quesito ed ha chiesto allo studio di architettura di Chicago Skidmore, Owings & Merrill (SOM) di immaginare la città del futuro. Alcuni elementi li abbiamo già introdotti, come la mobilità sostenibile, lavoro flessibile ed il decentramento dei poli produttivi, ma a questi se ne aggiungono altri. Tutto deve ruotare attorno al concetto di ecologia inteso, non solo come un nuovo equilibrio tra città e natura, ma come una vera e propria difesa dell’habitat della fauna selvatica[7].

La vera sfida sarà quella con l’acqua, con le risorse idriche sempre più scarse. In tal senso, la città del futuro sarà in grado di recuperare e depurare l’acqua piovana per reimmetterla in circolo. Gli edifici saranno costruiti con materiali che rispettino il concetto di bioedilizia, in grado di mangiare anidride carbonica e restituire ossigeno. I rifiuti non saranno più visti come un problema ma come una risorsa ed il cibo sarà sempre più di origine locale e bio, a discapito della grande distribuzione.

Concetti troppo faraonici e incompatibili con la vita attuale? Vediamo alcuni esempi.

Stefano Boeri: la parola d’ordine è “verde”

Il mondo dell’architettura da anni si interroga su come dovrebbe essere la città del futuro ed abbiamo già esempi concreti a cui poter fare riferimento. I tre concetti, i tre elementi alla base dell’architettura green sono l’acqua, l’aria e la terra[8]. Gli scienziati sono concordi nello stimare che il 70% della popolazione mondiale del prossimo futuro vivrà nelle città, responsabili, ad oggi, del 70% delle emissioni di gas serra.

Da qui il concetto di riallacciare il rapporto con la natura rendendo il giardino non più un ornamento ma elemento costitutivo dell’edificio stesso. Un ripensamento che secondo Carlo Ratti, architetto e direttore del Senseable City Lab al MIT di Boston, sta assottigliando anche il divario tra ambiente urbano e rurale[9].

Stefano Boeri, uno degli architetti green più celebri al mondo, ha mostrato quanto questa unione sia possibile. Primo fra tutti con l’ormai celebre Bosco Verticale di Milano, un complesso residenziale che gli è valso il riconoscimento dell’International Highrise Award, competizione a cadenza biennale per l’assegnazione del premio di grattacielo più bello del mondo. Ma non è l’unico.

L’architetto meneghino sta portando avanti altri importanti progetti, uno dei quali proprio nella sua città. Il nuovo Policlinico di Milano sarà concepito per realizzare un continuo interscambio tra città e nosocomio. Il Central Building è pensato per avere un tetto con giardino pensile dedicato a degenti e personale sanitario (Roof Garden), una parte del quale appositamente dedicato alla riabilitazione.

Boeri - Policlinico di Milano
Policlinico di Milano
Fonte: Stefano Boeri Architetti

Se finora abbiamo parlato di progetti circoscritti a singole strutture, diverso è il discorso per la Smart Forest City di Cancun (Messico). Una città completamente verde, non solo per la vegetazione ma anche per la colorazione di pavimenti e tetti delle case. Qualche numero della green city? Sarà estesa 557 ettari, ospiterà 130 mila abitanti, avrà 7.5 milioni di piante di 400 specie diverse che mangeranno 116 mila tonnellate di CO2[10].

Per spostarsi saranno disponibili mezzi pubblici elettrici, anche per chi arriverà da fuori e sarà costretto a lasciare l’auto. Tutto attorno al perimetro verranno installati pannelli fotovoltaici e la città sarà attraversata da una serie di canali collegati al mare a costruire un circolo virtuoso dell’acqua (desalinizzata e utilizzata sia in città che per le colture in campagna).

Sì, se guardiamo all’Italia forse è difficile pensare che tutto ciò stia già avvenendo. Ancor più difficile è pensare a località come Roma e Napoli in versione smart city ma il futuro, a quanto pare, non è così lontano. Il futuro è già qui.


[1] Dezeen, “Saudi Arabia announces plans for a 100-mile, car-free linear city called The Line”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.dezeen.com/2021/01/13/line-saudi-arabia-170-kilometres-long-city-neom/

[2] The Guardian, “Invisible killer: fossil fuels caused 8.7m deaths globally in 2018, research finds”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.theguardian.com/environment/2021/feb/09/fossil-fuels-pollution-deaths-research?utm_source=Nature+Briefing&utm_campaign=bb74cc06c8-briefing-dy-20210210&utm_medium=email&utm_term=0_c9dfd39373-bb74cc06c8-46136706

[3] Trekking, “Le 10 città più inquinate del pianeta”, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.trekking.it/news/citta-piu-inquinate-mondo/

[4] Agi, https://www.agi.it/estero/news/2021-01-11/citta-senza-auto-arabia-saudita-10973883/, 2021. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.agi.it/estero/news/2021-01-11/citta-senza-auto-arabia-saudita-10973883/

[5] The Guardian, “It’s being built on our blood: the true cost of Saudi Arabia’s $500bn megacity”, 2020. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.theguardian.com/global-development/2020/may/04/its-being-built-on-our-blood-the-true-cost-of-saudi-arabia-5bn-mega-city-neom

[6] ISPI, “Global City: la città del futuro in 4D”, 2020. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/global-city-la-citta-del-futuro-4d-27126

[7] National Geographic, “CITIES OF THE FUTURE”, 2019. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.nationalgeographic.com/magazine/2019/04/see-sustainable-future-city-designed-for-people-and-nature/

[8] Morning Future, “Archistar? No, archigreen”, 2019. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.morningfuture.com/it/article/2019/10/28/architettura-futuro-green-archistar/756/

[9] Ibidem.

[10] Gabetta architetto Monza, “Città del futuro: il progetto di Smart Forest City Cancun”, 2019. Consultabile al seguente indirizzo: https://www.gabetta-architetto-monza.com/news-architetto-gabetta/citta-del-futuro-il-progetto-di-smart-forest-city-cancun

Autore articolo

Martina Shalipour Jafari

Martina Shalipour Jafari

Redattrice

Giornalista pubblicista ed esperta di comunicazione digitale.
Instancabile lettrice e appassionata di cinema.
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o portatemi a vedere un bel film.

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